Ormai ho una certa casistica di apprendenti l’italiano: una finlandese, la ricorderete, una catalana, non so se mai vi dissi, una iraniana, che non si fa più sentire, un portoghese, una tedesca ma, soprattutto, francesi ovviamente.
I francesi che apprendono l’italiano, perché loro apprendono, visto che imparano è difficile da ricordare, possono essere molto bravi o molto scarsi ma tutti, tutti, riscontrano un problema: anche. Non solo non riescono a ricordare mai cosa vuol dire (così come spesso, ad esempio, o già) ma non riescono a pronunciarlo o lo fanno con gran difficoltà. Che problema c’è? direte voi. Eh, che problema c’è. C’è. Perché se a noi complica l’idea di avere le nasali, a loro complica l’idea di non averle e per loro an non è mai an, come sarebbe per noi, e dunque anche di solito viene fuori tipo ènche. Ora ho trovato un espediente: gli scrivo âne-que che letteralmente vuol dire asino che ma che permette loro di pronunciar senza nasale, essendo la â di âne una vocale lunga eccetera. Si sorprendono anche loro, quando riescono a leggere anche la prima volta e sono un po’ commossi e trepidanti. Anche, anche ripetono felici. E poi vabbè, la volta successiva ricominciano con ènche ma intanto quei pochi istanti son felici (come quando scoprono di poter dire euro e di non essere obbligati a dire orò, eüro o üro se solo si mettono in testa che è eouro).
Il vero fatto che mi perplime e che vi sottopongo, però, è il fatto che hanno tendenza naturale a parlare romano. Facciamo è naturalmente famo, compriamo agilmenge compramo e non vi cito i vari dimo e avemo. Ma diciamo che posso capirlo, una istintiva riduzione di quell’antipatico dittongo.
Lo sconvolgente è regazzo. Tutti, sempre. I regazzi sono partiti per le vacanze, la mia regazza si chiama Maria, il regazzo alto.
E così niente, pensi di aver per allievi degli Hervé, delle Christiane, degli Hubert e invece no, c’hai Spartaco e Romoletto.
Quindi perché non insegnare loro direttamente il romanesco invece che l’italiano? Loro sarebbero più contenti, si sentirebbero più gratificati nell’apprendere, tu ti faresti un sacco di risate e, da noi in vacanza, si sentirebbero perfettamente integrati in una nazionale in cui l’italiano parlato correttamente si sta perdendo 😉
tu dici che sarebbe meglio? hum, non ne sono convinto… e poi non sono madrelingua, mi sentirei inadeguato 😉
Per fare allenamento però potresti utilizzare questo compendio… 😉
Ops… ho dimenticato il link… http://lartespiegataaitruzzi.tumblr.com/
questo tumblr mi terrorizza
Dici? Io non ho quasi mai riscontrato la riduzione dei dittonghi… Ma “regazzi” è vero, quasi sempre. Chissà perché…
Grazie del suggerimento per l’ane-que. Solo che non credo che lo utilizzerò spesso (la fonetica è l’ultima delle loro – e delle mie – preoccupazioni, nella maggior parte dei casi).
in realtà lo è anche per loro, ma devo dire che mi irrita quando dicono ènche e allora mi impunto…
Hai scritto “mi perplime”! Io lo dico sempre e vengo tacciato di ignoranza!
vieni tacciato di ignoranza da gente ignorante.
http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/significato-origine-perplimere
o bella…
quanto pagherei per assistere ad una tua lezione e chiedere loro con occhio stralunato: cosa? una volta sola per essere ripagata dei tanti Quoi? con aria schifata ;D
ma non sono mai schifati, al massimo sono sgomenti!
è vero sono sgomenti il che è ancora più umiliante 🙂
ma no dai… non esageriamo, è più stereotipo che realtà!
Ma si, falli sentire a loro agio e dagli da leggere Trilussa! 😀
(Scrivi troppo poco, Suibhne!)
eh, scrivo poco… lo so, è il tempo 🙂
Daje!
(Un saluto dalla bianca Zena. Pare di stare a Cortina, pare… pfffft)
beati!
e interloquire sempre in italiano con “e dunque”, che da noi -tsè- si dice in mille modi…
io dico sempre quindi, dicono…