Nel 13eme hanno ricavato un minuscolo parchetto urbano (ma è un mail, in verità) tra un boulevard e un complesso di brutte case popolari
anni Settanta. Due tavoli da ping pong, due calciobalilla. Otto panchine, due per lato. Qualche ciliegio, aiuole curate, tutto sommato. Quello che forse è un potager partagé e se lo è vorrò farne parte.
Ho due ore di nulla e mi siedo a prender i miei raggi, a leggere dell’Etiopia e del Land grabbing. Fa fin caldo, arrotolo le maniche e metto gli occhiali da sole.
Sulle panchine una ragazza alza la gonna per abbronzarsi le gambe, una signora legge Paris Match, che è forse la sola rimasta. Una signora siede a cavalcioni, dando le spalle al sole, che brucia, se sei nato sopra la Loira. Una suora, che ormai mi dà lo stesso senso di esotico di una petite tonkinoise in una canzone coloniale. Due innamorati, lui nero che divora un grec e le patate fritte da un contenitore, lei bionda sfoglia una rivista con la svogliatezza di quando ti va tutto bene. “Se consideri la qualità, non l’abbiamo neanche pagato tanto…” dice lui, riferendosi a una cosa cattiva che ha comunque pagato qualche euro, e io non so.
Mi godo il caldo e la quiete che il boulevard non rumoreggia e i rumori son rumori intimi, di case, di radio e bambini, di piatti sbatacchiati. E mi pento, e son contento del pentimento, di aver messo calzini troppo pesanti.
Bellissimo, sai, questo racconto, un fotogramma di alcuni istanti, persone, colori, un luogo definito e vero.
E’ un piacere leggerti, scrivi di più, dai 😉
Eh! Sei sempre così gentile, grazie! Vorrei! Dovrei trovare pace e tempo!
stai diventando molto francese, sai? questa descrizione era un po’ amelie poulain e un po’ pennac. ci piace.
tu trovi? non so, sai? mi sento pascoliano, piuttosto…
ti dirò: dopo le superiori, credo di non aver mai più dedicato mezza frazione di secondo a pensare a pascoli. neanche studiando lettere. per questo mi viene più spontanea amelie.