Bdrussel, ovvero: Fukamidori Natsuyo e Gilda Giuliani

Quando Paolo Limiti non era un perseguitato e faceva bella mostra di sé su Rai Uno, aveva la sua ghenga. Si sapeva che se iniziava a parlare di Napoli dopo un po’ sarebbe spuntata la talentuosa Mirna Doris, se parlava di regine sbucava Nilla Pizzi, se diceva “potenza vocale” saltava su Wilma de Angelis, se c’era odore di incerata gialla compariva Neil Sedaka, se diceva giovane o giovanissimo toccava a Stefania W-il-mio-papà! Cento o Fabrizio Voghera, se diceva “Abissinia” entrava Giovanna, se diceva operai giungeva Anna Identici se diceva “conversione” strisciava Luana Borgia se diceva “Marylin”, ovviamente, appariva saltellando Justin Mattera. Le volte che Paolo Limiti diceva Parigi, esistenzialismo o Edith Piaff compariva immancabilmente Gilda Giuliano che, con la voce a megafono, si prestava a ogni interpretazione canora in lingua francese. Non si è mai capito perché, considerando il suo disprezzo per nasali e liasons e non valutando poi significativa la sua cura impeccabile per l’arrotazione della r. Però era così: l‘Hymne à l’amour, Gilda Giuliani! Ne me quitte pas, Gilda Giuliani! La vie en rose, Gilda Giuliani! Paris Canaille, Gilda Giuliani! eccetera, con tutto il corredo di flon flon, di valse à musette e di accordeon.

深緑夏代

Ecco, pure in Giappone hanno la loro Gilda Giuliani che però si chiama Fukamidori Natsuyo. La signorina Fukamidori nasce a Seoul nel 1921, durante la dominazione giapponese della Corea, ma già nel ’34 la famiglia torna a Tokyo. Qui Fukamidori (che pare voglia dire Verde Intenso, secondo la traduzione di google, ma non riesco a capire se sia il nome o il cognome) inizia a recitare nella rivista, precisamente in quel particolare tipo di rivista giapponese che si chiama Takarazuka, «la risposta giapponese alle Ziegfeld Folies», come ebbe a dire il critico del New York Times quando le vide. Solo che c’è una differenza: tutte le componenti della compagnia di Takarazuka sono donne che interpretano i grandi classici della letteratura occidentale in musical, divise in cinque gruppi come in un reality di Maria de Filippi o in un anime giapponese: Fiore, Luna, Stella, Neve e Cosmo (poi esiste un gruppo di over 40, come in un programma di Paolo Limiti o a X Factor). Ad ogni modo, le attrici di Takarazuka possono essere otokoyaku, quelle che recitano le parti da uomo, oppure musemeyaku, quelle che interpretano i ruoli femminili. Fukamidori è una musemayaku ed è pure brava (qui la vedete che ne parla in un documentario presentato ovviamente da un’olografica Lady Oscar che chissà cosa dice).

Poi c’è la guerra, arrivano gli americani, il Giappone inizia a ricostruire e lei ottiene il ruolo di Carmen nientemeno che nella Carmen di Bizet. Poi parte per l’Europa, per Parigi per la precisione. Qui Fukamidori impara il francese, saccheggia il repertorio e torna in patria negli anni ’60 iniziando a proporsi come cantante, principalmente di canzoni francesi tradotte in giapponese.

Eccola che interpreta il più classico dei classici, Paris Canaille, la canzone grazia alla quale tutti scoprono che Parigi, in francese, è maschile:

Vi invito a notare alcune cose preziose: l’assoluta immobilità bossiana di tutto quel che non è il braccio destro, lo scafandro nero di cui è vestita, le stecche, l’incertezza della voce e – soprattutto – la scema che balla là dietro come una ragazza fast food.

Qui invece canta l’aznavourriana Hier Encore:

Notate l’irriconoscibilità della canzone, il fatto che muova sempre e solo quel braccio, lo scafandro rosa, le costanti stecche.

Dalla fine degli anni Sessanta, Fukamidori inizia a insegnare ed è per questo che la si conosce, analogamente a Edwige Fenech, con il soprannome di L’insegnante (qui la vedete durante uno stage in cui potrete apprezzare le differenze tra Fukamidori Natsuyo e Fenech Edwige).

Il mio pezzo preferito di Fukamidori, però, è Il pleut sur Bruxelles. La canzone, come qualcuno di voi saprà, è stata scritta nel 1981 per Dalida ed è dedicata a Jacques Brel, visto che le parole ripetono titoli e versi delle canzoni di Brel. E’ celebre anche perché io l’ho ascoltata ossessivamente nei miei pochi e intensi giorni belgi, soprattutto per quell’evocativo: Seules Titine et MadeleineCroient qu’il est encore là / Elles vont souvent l’attendre au tram 33. Soprattutto per quel tram trantruà, confesso. Sì, io lo so che fa tutto un po’ cortocircuito, ma è così. Ad ogni modo, Gilda Giuliani è riuscita a incaciarirla e a render treno quel che fu tram e a mutare in Farnon il povero Fernand.  Ma vabbè.

Però ora prendete un bel respiro perché state per vederne l’interpretazione che ne dà l’immensa Fukamidori Natsuyo:

Là, statica e intensa al centro del palco, scafandrata e immobile come sempre, con la musica ancora più lenta dell’originale e – soprattutto – il modo in cui dice Bdrussel nogachini amega tù e poi Taghenamedoooo Bdrussel.

Ecco, se io fossi Paolo Limiti, e se Paolo Limiti non fosse un perseguitato e se Fukamidori Nastuyo non fosse morta di polmonite l’anno scorso ecco, io le canzoni francesi le farei cantare da lei.

5 pensieri su “Bdrussel, ovvero: Fukamidori Natsuyo e Gilda Giuliani

  1. Ma quante ne sa, prof.? Queste cose dovrebbe insegnare all’Università, altro che Abelardo.

    PS: lei è pero’ un tantinello’ cattivo. Il paragone con Dalidà non puo’ reggere, è evidente…

    1. eh lo so, ma d’altra parte con Dalida è difficile comunque reggere il confronto…

      ad ogni modo lo dico anche io: dovrei insegnare ‘ste cose, sono sicuramente più competente!

  2. secondo me tu guardi troppa televisione. e anche troppo youtube.
    io dico che fukamidori è il cognome, perché so che i nomi femminili in giapponese sono in genere quelli che finiscono in “o”, e la “i” alla fine mi sa tanto di cognome, pensando ai cartoni animati giapponesi.

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