« Faccia conoscere il Governo ai giovani in che cosa consistevano le spedizioni fasciste; la loro barbara opera di distruzione, i loro crimini.
Sappiamo come fu ucciso Ferrero: pugnalato, legato ad un autocarro e trascinato per le vie di Torino, mentre le camicie nere sghignazzavano di fronte a questo giovane corpo straziato e la camera del lavoro di Torino era tutto un rogo. Bisogna far conoscere come sono stati assassinati Piccinini
, Di Vagno
, Matteotti, Consolo
e Pilati
, assassinato dinanzi alla moglie e ai figli che in ginocchio imploravano pietà dagli sgherri fascisti; come sono stati colpiti a morte Giovanni Amendola
e Piero Gobetti
; come fu ucciso un mite e puro sacerdote di Cristo: Don Minzoni
; la morte straziante di Gastone Sozzi
ucciso lentamente con clisteri di tintura di iodio, la fine di Maurizio Giglio
, cui furono strappate ad una ad una le unghie dei piedi con il vano proposito che denunciasse i suoi compagni.
Fate sapere come nell’aprile del 1945 lanciando appelli alla radio di Milano abbiano scagliato contro di noi i giovani, mentre essi, gettate via le fastose divise in orbace, il volto più feroce, ma livido di paura con il testa il loro “duce” travestitosi da soldato nazista, pensavano solo a fuggire…
Fate conoscere ai giovani che il fascismo era l’antidemocrazia; che ha portato alla rovina la Patria.
Fate conoscere la lotta sostenuta con tanta fermezza dall’antifascismo e l’eroismo della Resistenza. Si facciano conoscere nelle scuole le Lettere dei condannati a morte della Resistenza, libro oggi proibito dai provveditori agli studi. Onorevoli colleghi, permettete che ve ne legga alcuni brani. Dopo ci sentiremo tutti migliori, e poi credo che questa breve lettura si addica alla presente vigilia del decennale della Resistenza. Scriveva don Aldo Mei: “Muoio vittima dell’odio che tiranneggia nel mondo. Muoio perché trionfi la carità cristiana”. Scriveva ciò alcune ore prima di essere fucilato, il 14 agosto 1944. Scriveva l’operaio Giambone: “Tra poche ore non sarò più, ma sta pur certa che sarò calmo e tranquillo di fronte al plotone di esecuzione, come lo sono attualmente”. Trancredi Galimberti
(medaglia d’oro della Resistenza): “Ho agito a fin di bene e per un’idea. Per questo sono sereno e dovete esserlo anche voi.”
E questa lettera brevissima di una medaglia d’oro alla Resistenza, di una donna, di una popolana, Irma Marchiani di 30 anni, che scriveva alla sorella: “Mia adorata Pally, sono gli ultimi istanti della mia vita. Dico a te: saluta e bacia tutti quelli che mi ricordano. Credimi: non ho mai fatto nessuna cosa che potesse offendere il nostro nome. Ho sentito il richiamo della patria per la quale ho combattuto. Ora sono qui: tra poche ore non sarò più, ma sono sicura di aver fatto quanto mi era possibile affinché la libertà trionfasse”.
E un’ultima lettera voglio leggere: quella di un giovane di 18 anni, medaglia d’oro della Resistenza, Giordano Cavestro: “Cari compagni, ora tocca a noi andare a ragiungere gli altri gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia. Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare due vittime possibili. Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care. La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio. Sui nostri corpi si farà il grande faro della libertà.”
Questa, signori, è la Resistenza, che sta di sopra delle denigrazioni di un branco di miserabili, di cui ogni italiano degno di questo nome si sente orgoglioso.
Ecco perché noi anziani guardiamo fiduciosi ai giovani e quindi al domani del popolo italiano. Ad essi vogliamo consegnare intatto il patrimonio politico e morale della Resistenza, perché lo custodiscano e non vada disperso, alle loro valide mani affidiamo la bandiera della libertà e della giustizia, perché la portino sempre più avanti e sempre più in alto.
Viva la Resistenza!»
Sandro Pertini, Camera dei Deputati, aprile 1955
